Intervento di Sara Ardizzone all'incontro di Perugia del 14 gennaio a Perugia
L’importanza della giornata del 14 dicembre si vede già dai suoi inizi,dalla decisione razionale di alcuni o forse più emotiva di altri di voler prendere una posizione autonoma,autonoma finalmente da qualcosa,un qualcosa che si incarna in tutte le varie bandiere emblema,simbolo di partiti:partiti che non solo non li rappresentano ma nei quali riconoscono solamente un opposizione formale,una demagogia intrinseca che al di là delle apparenze ragiona in modo sostanzialmente uguale a quell’entità contro cui quelle migliaia si ritrovano,ora,in piazza. La manifestazione si struttura infatti in due concentramenti uno che parte dall’università La Sapienza e l’altra che ha il suo punto di riferimento in piazza della Repubblica la cui chiamata è stata fatta dai partiti stessi sia all’opposizione che non, a cui alcune organizzazioni universitarie sono legate come Self, Uds e la Link. Non mi interessa,in questo momento fare una distinzione di quantità di manifestanti,di chi ha “vinto” su piano numerico (anche perché probabilmente queste due hanno in un punto confluito), ma rendere l’idea che alla base di ogni distribuzione geografica dei concentramenti corrispondeva (e corrisponde ogni volta) un determinato tipo di linea politica. Tutto ciò che ha una natura finita e delineata è per sua costituzione facilmente controllabile nonché facilmente estinguibile una volta esauritine i presupposti. Diverso è quando queste stesse convinzioni tramutate nella prassi in protesta superano quello che è un mero vertenzialismo e superano quindi anche sé stesse, riconducendosi automaticamente ad un determinato contesto socio-economico necessario per non rischiare di rimanere astratte , rinchiuse in una bolla di sapone sovra il reale:un contesto riassumibile nella parola sistema. Solo in questo modo la lotta si fa non solo più radicale ma più difficile da placare. Ed è stato forse questo passaggio a segnare l’importanza di questa manifestazione ed anche a far comprendere le larghe misure repressive che ne sono conseguite.
Chiaro che il malcontento generale è stato scatenato da un mal-governo ma la rabbia che trapelava da slogan, striscioni, parole della gente aveva radice più profonda. Ragazzini che urlavano contro le banche artefici della distruzione delle loro famiglie ne è una riprova come ne è un’altra il dato che le immagini fotografate riguardanti l’assalto al primo blindato sono di gran lunga precedenti alla pubblicazione della decisione sulla fiducia. L’ansia, da parte sia dei giornali che dei partiti d’identificare in un volto politico la causa che ha dato adito alle vicende del 14 , è volta a restringe di fronte alla pubblica opinione l’ampiezza e la potenza che ha rappresentato questa giornata che ha fatto paura a molti i quali,con abile mossa psicologica,hanno equiparato tali fatti a quelli che segnarono un anno ricordato con angoscia come il 1976 volendo ingabbiare la storia in un eterno auroboros senza soluzioni di continuità.
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