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martedì 15 marzo 2011

La dialettica in Hegel e Marx

Domenica 13 marzo si è tenuta la seconda auto-lezione a porte chiuse sulla storia della dialettica. La settimana precedente si era tenuto un dibattito sulla dialettica in Platone. 

Questo nostro secondo (e per il momento) ultimo incontro "esoterico" ha trattato invece il tema della dialettica in Hegel e in Marx. 

La discussione è stata molto complessa, profonda e articolata e sarà difficile darne una sintesi adeguata.
Ha introdotto il dibattito Michele, il quale ci ha parlato della dialettica hegaliana. Per aiutarci ad entrare nell'ottica della, se vogliamo "stravagante", logica hegeliana, Michele ha citato un passo introduttivo alla senzione della Logica, nella monumentale opera rappresentata dall'Enciclopedia delle scienze filosofiche. 

In esso, Hegel afferma che la vecchia metafisica diventa dogmatismo nel momento in cui fra due affermazioni opposte essa ci costringe a scegliere necessariamente una delle due. Secondo Michele, questa affermazione può essere considerata come esemplificativa della straordinaria innovazione rappresentata dalla logicia hegeliana rispetto ad ogni genere di logica sia precedente - il sillogismo aristotelico, la logica scolastica, la dialettica di Platone, il metodo ipotetico di Galilei - ma anche successiva - ad esempio la logica matematica. Infatti, non esistono altre forme di logica che sostengono che fra A e non-A non si sia costretti ad affermare che, se A è vera, non-A è falsa (e viceversa). Hegel invece definisce questa imposizione un'atteggiamento dogmatico, poiché deve esistere un momento superiore di Unità fra le tesi contrapposte.

Michele ha spiegato che la tradizionale tripartizione fra tesi, antitesi e sintesi è a suo avviso fuori luogo. Innanzi tutto, sfidando i presenti a trovare fra i libri che aveva portato (la Logica, l'Enciclopedia, la Fenomenologia, le Lezioni di storia della filosofia) la parola "sintesi". 

In Hegel non c'è sintesi, non c'è compromesso fra le due antitesi: anzi, la magia, l'irrazionalità, l'assurdità di Hegel è proprio nel fatto che in questa Unità, sono conservate le due antitesi nella loro pienezza; per usare un termine matematico fra le due antitesi c'è un'unione non una intersezione. Inoltre Michele ha citato un passo della Logica (per l'esattezza il secondo libro, la Logica dell'Essenza) in cui si sviluppa un percorso tutt'altro che sintetico. Si tratta del movimento identità-diversità-contraddizione. In esso il terzo momento (la contraddizione) non è affatto una sintesi fra le due antitesi (identità e diversità), ma una Unità: poiché l'unione del concetto di identità e di diversità non può che essere una contraddizione

Passando la parola a Moreno P., che ha introdotto la dialettica in Marx, Michele citando anche il passaggio primo della Logica hegeliana essere-nulla-divenire, ha chiesto a colui che lo avrebbe succeduto nella auto-lezione di domenica, se anche a suo avviso Marx non strutturi il capitalismo come una logica dell'essenza, cioè una logica in cui non c'è sintesi, ma in cui aumenta lo scontro (si pensi a quante volte abbiamo sentito, dire da gente che non sa neanche cosa sia la logica dell'essenza in Hegel, la frase hegeliana-marxiana "il capitalismo genera contraddizioni").

Moreno ha risposto a questa questione solo alla fine del suo intervento: a suo avviso la logica di Marx è paragonabile alla logica dell'essenza di Hegel solo nei Grundrisse e non nel Capitale. Proprio citando i Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica che Moreno ha tenuto la sua lezione-relazione sulle analogie fra la logica hegeliana e quella marxiana, e quindi sul concetto di dialettica in Marx e Hegel. 

Per riuscire a capire qualcosa in questa complessa questione filosofica, secondo Moreno dobbiamo avere la capicità di distinguere il metodo dal contenuto. Un conto è la dialettica, un conto l'uso che se ne fa. Dobbiamo fare lo stesso sacrificio che facemmo studiando Platone la settimana prima, un conto - dicemmo allora - è il metodo, che a volte può sembrare ipotetico, un conto è il contenuto idealistico. 
Stesso discorso va quindi fatto con Hegel e con Marx.

I Grundrisse - ci ha dimostrato Moreno con delle citazioni davvero inequivocabili - sono infarciti di un linguaggio e di un metodo di procedere profondamente hegeliano. In uno dei passi citati alla nostra auto-lezione, Marx ad esempio scompone dialetticamente (in un senso di dialettica quasi platonico oltre che hegeliano) il concetto di popolo nel concetto di classe e così via in un percorso dall'astratto al concreto molte simile a quello usato da Hegel. Anche le determinazioni astratte (ad esempio la parola "classe" è in sè astratta) servono però a definire il concreto, poiché grazie ad esse l'intelletto soggettivo è in grado di percepire il reale, di definirlo, di determinarlo e quindi di comprenderlo, di avvicinarsi ad esso.

Moreno ha "rimproverato" sia a Marx che ad Hegel il finalismo teleologico della loro dialettica. Ad un certo punto, non è ben chiaro perché, il percorso logico finisce, non abbiamo più la realtà con le sue contraddizioni, le sue negazioni e le negazioni delle negazioni, ad un certo punto di arriva all'Assoluto (in Hegel) o al Comunismo (in Marx). 

La posizione filosofico-politica personale di Moreno è invece che la fine dello scontro è impossibile, che anche in una società non più divisa in classi sarà comunque impossibile che non vi saranno scontri, che non vi sarà dialettica. E quindi priva di potere. Una conclusione che certo non è piaciuta agli anarchici della nostra Scuola, e su cui dobbiamo ritornare per importanti e accurati approfondimenti.

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