Domenica 6 Marzo si è tenuta la lezione-riunione "a porte chiuse" sulla «Dialettica platonica e il metodo ipotetico».
Infine Maurizio è intervenuto sull'aspetto politico di Platone, solo accennato nella nostra riunione. Per questo, dato che la riunione era "solo" sulla dialettica platonica, Maurizio ha insistito nella proposta di svolgere un nuovo dibattito, una nuova giornata di riflessione sui temi politici di Platone: dalla Repubblica alla VII Lettera, dal mito della caverna all'Apologia di Socrate. Sempre Maurizio ha proposto che si inserisse nel blog la VII Lettera di Platone, brano che a suo avviso ci incalza su alcune questioni di grandi attualità ancora ai nostri giorni: la corruzione della politica, l'amore per l'impegno politico affiancato alla paura di rimanerne sporcati, il crollo dei valori tradizionali, la difficoltà nella costruzione di nuovi valori, la delusione verso tentativi politici "rivoluzionari".
In attesa che questo auspicio venga realizzato, nel frattempo abbiamo deciso di dedicare l'incontro di domenica prossima proseguendo il nostro percorso nella storia della dialettica. Il prossimo incontro sarà dunque sul seguente tema: La dialettica in Hegel e Marx.
Per informazioni:
lascuolaumbra@libero.it
Le nostre "riunioni domenicali" sono generalmente divise in due sezioni: l'organizzazione tecnica delle conferenze e la riflessione filosofica spassionata. In questo caso abbiamo deciso di dedicare un pomeriggio appositamente ad un tema che ha già infiammato un piccolo-grande dibbattito per via telematica fra i nostri "scolari umbri".
Si sono confrontate le opinioni di chi, da un lato, sosteneva di individuare forti analogie fra la dialettica platonica e il metodo ipotetico, dall'altro, di chi al contrario sottolineava che l'idealismo platonico è quanto più lontano ci possa essere dal metodo scientifico.Il dibattito è stato auitato da Daniela per quanto riguarda la conoscenza del greco antico.
Ha introdotto il dibattito Michele sostenendo che la dialettica platonica è suddivisibile, a suo avviso, in tre diverse (ma simili) metodologie: il metodo della divisione, il metodo della figura e il metodo per ipotesi. Il convincimento di Michele è che il metodo pseudo-ipotetico in Platone non è in contraddizione con la dottrina platonica delle idee. Va quindi letto Platone non con i parametri di interpretazione moderni, ma con gli occhi di un pensatore dell'età classica. Mentre per noi è impossibile scindere il metodo ipotetico dal metodo sperimentale - grazie all'unione fra i due operata dalla scienza moderna nel Seicento - ai tempi di Platone questo "matrimonio" non era affatto scontato. Per noi può sembrare paradossale, ma a quel tempo era del tutto naturale che un grande osservatore come Aristotele potesse essere ad esempio un teorico del metodo assiomatico, mentre un filosofo dialettico come Platone al contrario fosse un convinto idealista. La mancanza di chiarezza è dovuta, secondo Michele, al fatto che non vi era ancora stata la rivoluzione scientifica. Quindi, paradossalmente, il metodo dialettico-ipotetico di Platone era del tutto coorente (a quel tempo) con il suo idealismo, o quanto meno non era in contraddizione con esso. Nella Repubblica in particolare, troviamo nella metafora della linea una giustificazione di tale metodo. Noi - spiega Platone - non possiamo vedere le "immagini" delle idee, ma siamo costretti a delle conggetture su di esse. Paradossalmente quindi, poiché Platone era idealista e sosteneva vi fosse un mondo completamente altro, quello delle idee, era costretto a dire che di tale mondo potevamo avere una conoscenza meramente ipotetica; mentre un "materialista" come Aristotele, vieversa, sostenendo l'esistenza di un solo mondo, il nostro, non poteva che essere convinto che in esso si potesse procedere per via deduttiva.
Contro tale lettura si è scagliato Giorgio, il quale ha sostenuto che il solo metodo davvero ipotetico usato da Platone è quello che Michele aveva definito, a suo avviso sbagliando, il "metodo della figura". Si tratta del metodo usato da Platone nel Menone, dove Socrate fa risolvere ad uno schiavo analfabeta un complesso problema geometrico. Il metodo utilizzato da Platone, in quel caso, riconosce Giorgio, è assai simile al metodo della scienza moderna. Ma si tratta di una eccezione. Per il resto, argomenta Giorgio, la "dialettica" di Plalatonica non ha nulla a che vedere con il metodo sperimentale moderno. E comunque, anche nel Menono il metodo utilizzato da Platone serve a giustificare la teoria della reminiscenza, a sua volta funzionale alla dottrina platonica delle idee.
Infine Moreno di Trevi, ha sostenuto che una corretta lettura di Platone può essere fatta solo se si ripercorre il suo sistema complessivo, e solo da lì discendere al leggere il significato per lui della dialettica. La dialettica platonica può ancora essere uno strumento adeguato di analisi della realtà, ma non va dimenticato che essa quando viene "inventata" ha una ragione meramente funzionale all'idealismo platonico e alla teoria della reminiscenza, che è assolutamente una visione poco scientifica e poco condivisibile della realtà. Alle tre forme di dialettica riassunte da Michele, Moreno di Trevi ha opposto la visione classica - citando il Reale - di due via per la dialettica platonica: la via ascendente e la via discendente. La prima va verso le idee, la seconda dalle idee torna alla realtà a noi immanente. Se quindi è innegabile che la dialettica platonica mira alle idee, essa ha però un ritorno e un'applicazione nel reale. Siamo ovviamente lontani dalla marxiana prassi-teoria-prassi, ma siamo comunque di fronte ad un metodo che può avere (e infatti lo ha nella Repubblica) un valenza politica: ovvero, l'applicazione dell'Idea del Bene (che poi sottolinea Moreno è sovrapponibile all'idea del Bello e del Giusto) nella realtà. E cosa è questa se non una tensione politica?
Moreno di Trevi però non ha risparmiato "critiche" a Platone anche sul piano politico. In particolare sottolineando le sue contraddizioni nell'applicazione del mondo delle idee nella realtà. Se tale mondo è assolutamente altro, come tentare di realizzarlo? Se su di esso possiamo solo fare concetture in base alle "ombre" delle idee che noi vediamo, Platone avrebbe meglio dovuto analizzare il processo di realizzazione politica di tale mondo. In particolare lo vediamo nel mito della caverna, sempre nella Repubblica. Michele ha sottolineato con forza, trovando in questo caso ampie convergenze, che nel mito della caverna non vi sia solo una lettura idealista ma anche e soprattuto politica. La converzione del prigioniero è in primo luogo una rivoluzione. Ma quando il prigioniero della caverna finalmente ne esce e coglie il mondo reale, tornandovi poi trova difficoltà nella propaganda della verità ai suoi compagni ancora prigionieri. Quindi il mito della caverna, secondo Michele, è in primo luogo un manifesto bellissimo contro la demagogia: l'idea che spiegare la verità e fare la rivoluzione non è ne facile ne immediatamente popolare. Moreno di Trevi, pur accogliendo questa chiave di lettura, comunque denuncia il fatto che, in mancanza di una teoria che spieghi come progandare la difficile verità filosofica-politica, si rimane intrappolati nella contraddizione: da un lato, se si usa la demagogia si fa sofismo e non ci si avvicina alla verità, dall'altro se si propaganda la verità si finisce uccisi come è avvenuto a Socrate.
Moreno di Terni, ha fatto invece delle domande tecniche. Come si stabilisce per Platone cosa è giusto e buono e cosa non lo è? Michele ha risposto che pur non essendoci un metodo per stabilirlo, è evidente che per Platone la gente riconosca il giusto dall'ingiusto, da questo lo Scolarca dell'Accademia dimostrerebbe "per induzione" che deve esserci un'idea di Bene in sè. Ennesima di mostrazione del suo uso, per noi bizzarro, del metodo ipotetico in un contesto idealistico - secondo Michele.
Si sono confrontate le opinioni di chi, da un lato, sosteneva di individuare forti analogie fra la dialettica platonica e il metodo ipotetico, dall'altro, di chi al contrario sottolineava che l'idealismo platonico è quanto più lontano ci possa essere dal metodo scientifico.Il dibattito è stato auitato da Daniela per quanto riguarda la conoscenza del greco antico.
Ha introdotto il dibattito Michele sostenendo che la dialettica platonica è suddivisibile, a suo avviso, in tre diverse (ma simili) metodologie: il metodo della divisione, il metodo della figura e il metodo per ipotesi. Il convincimento di Michele è che il metodo pseudo-ipotetico in Platone non è in contraddizione con la dottrina platonica delle idee. Va quindi letto Platone non con i parametri di interpretazione moderni, ma con gli occhi di un pensatore dell'età classica. Mentre per noi è impossibile scindere il metodo ipotetico dal metodo sperimentale - grazie all'unione fra i due operata dalla scienza moderna nel Seicento - ai tempi di Platone questo "matrimonio" non era affatto scontato. Per noi può sembrare paradossale, ma a quel tempo era del tutto naturale che un grande osservatore come Aristotele potesse essere ad esempio un teorico del metodo assiomatico, mentre un filosofo dialettico come Platone al contrario fosse un convinto idealista. La mancanza di chiarezza è dovuta, secondo Michele, al fatto che non vi era ancora stata la rivoluzione scientifica. Quindi, paradossalmente, il metodo dialettico-ipotetico di Platone era del tutto coorente (a quel tempo) con il suo idealismo, o quanto meno non era in contraddizione con esso. Nella Repubblica in particolare, troviamo nella metafora della linea una giustificazione di tale metodo. Noi - spiega Platone - non possiamo vedere le "immagini" delle idee, ma siamo costretti a delle conggetture su di esse. Paradossalmente quindi, poiché Platone era idealista e sosteneva vi fosse un mondo completamente altro, quello delle idee, era costretto a dire che di tale mondo potevamo avere una conoscenza meramente ipotetica; mentre un "materialista" come Aristotele, vieversa, sostenendo l'esistenza di un solo mondo, il nostro, non poteva che essere convinto che in esso si potesse procedere per via deduttiva.
Contro tale lettura si è scagliato Giorgio, il quale ha sostenuto che il solo metodo davvero ipotetico usato da Platone è quello che Michele aveva definito, a suo avviso sbagliando, il "metodo della figura". Si tratta del metodo usato da Platone nel Menone, dove Socrate fa risolvere ad uno schiavo analfabeta un complesso problema geometrico. Il metodo utilizzato da Platone, in quel caso, riconosce Giorgio, è assai simile al metodo della scienza moderna. Ma si tratta di una eccezione. Per il resto, argomenta Giorgio, la "dialettica" di Plalatonica non ha nulla a che vedere con il metodo sperimentale moderno. E comunque, anche nel Menono il metodo utilizzato da Platone serve a giustificare la teoria della reminiscenza, a sua volta funzionale alla dottrina platonica delle idee.
Infine Moreno di Trevi, ha sostenuto che una corretta lettura di Platone può essere fatta solo se si ripercorre il suo sistema complessivo, e solo da lì discendere al leggere il significato per lui della dialettica. La dialettica platonica può ancora essere uno strumento adeguato di analisi della realtà, ma non va dimenticato che essa quando viene "inventata" ha una ragione meramente funzionale all'idealismo platonico e alla teoria della reminiscenza, che è assolutamente una visione poco scientifica e poco condivisibile della realtà. Alle tre forme di dialettica riassunte da Michele, Moreno di Trevi ha opposto la visione classica - citando il Reale - di due via per la dialettica platonica: la via ascendente e la via discendente. La prima va verso le idee, la seconda dalle idee torna alla realtà a noi immanente. Se quindi è innegabile che la dialettica platonica mira alle idee, essa ha però un ritorno e un'applicazione nel reale. Siamo ovviamente lontani dalla marxiana prassi-teoria-prassi, ma siamo comunque di fronte ad un metodo che può avere (e infatti lo ha nella Repubblica) un valenza politica: ovvero, l'applicazione dell'Idea del Bene (che poi sottolinea Moreno è sovrapponibile all'idea del Bello e del Giusto) nella realtà. E cosa è questa se non una tensione politica?
Moreno di Trevi però non ha risparmiato "critiche" a Platone anche sul piano politico. In particolare sottolineando le sue contraddizioni nell'applicazione del mondo delle idee nella realtà. Se tale mondo è assolutamente altro, come tentare di realizzarlo? Se su di esso possiamo solo fare concetture in base alle "ombre" delle idee che noi vediamo, Platone avrebbe meglio dovuto analizzare il processo di realizzazione politica di tale mondo. In particolare lo vediamo nel mito della caverna, sempre nella Repubblica. Michele ha sottolineato con forza, trovando in questo caso ampie convergenze, che nel mito della caverna non vi sia solo una lettura idealista ma anche e soprattuto politica. La converzione del prigioniero è in primo luogo una rivoluzione. Ma quando il prigioniero della caverna finalmente ne esce e coglie il mondo reale, tornandovi poi trova difficoltà nella propaganda della verità ai suoi compagni ancora prigionieri. Quindi il mito della caverna, secondo Michele, è in primo luogo un manifesto bellissimo contro la demagogia: l'idea che spiegare la verità e fare la rivoluzione non è ne facile ne immediatamente popolare. Moreno di Trevi, pur accogliendo questa chiave di lettura, comunque denuncia il fatto che, in mancanza di una teoria che spieghi come progandare la difficile verità filosofica-politica, si rimane intrappolati nella contraddizione: da un lato, se si usa la demagogia si fa sofismo e non ci si avvicina alla verità, dall'altro se si propaganda la verità si finisce uccisi come è avvenuto a Socrate.
Moreno di Terni, ha fatto invece delle domande tecniche. Come si stabilisce per Platone cosa è giusto e buono e cosa non lo è? Michele ha risposto che pur non essendoci un metodo per stabilirlo, è evidente che per Platone la gente riconosca il giusto dall'ingiusto, da questo lo Scolarca dell'Accademia dimostrerebbe "per induzione" che deve esserci un'idea di Bene in sè. Ennesima di mostrazione del suo uso, per noi bizzarro, del metodo ipotetico in un contesto idealistico - secondo Michele.
Infine Maurizio è intervenuto sull'aspetto politico di Platone, solo accennato nella nostra riunione. Per questo, dato che la riunione era "solo" sulla dialettica platonica, Maurizio ha insistito nella proposta di svolgere un nuovo dibattito, una nuova giornata di riflessione sui temi politici di Platone: dalla Repubblica alla VII Lettera, dal mito della caverna all'Apologia di Socrate. Sempre Maurizio ha proposto che si inserisse nel blog la VII Lettera di Platone, brano che a suo avviso ci incalza su alcune questioni di grandi attualità ancora ai nostri giorni: la corruzione della politica, l'amore per l'impegno politico affiancato alla paura di rimanerne sporcati, il crollo dei valori tradizionali, la difficoltà nella costruzione di nuovi valori, la delusione verso tentativi politici "rivoluzionari".
In attesa che questo auspicio venga realizzato, nel frattempo abbiamo deciso di dedicare l'incontro di domenica prossima proseguendo il nostro percorso nella storia della dialettica. Il prossimo incontro sarà dunque sul seguente tema: La dialettica in Hegel e Marx.
Per informazioni:
lascuolaumbra@libero.it
0 commenti:
Posta un commento