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mercoledì 2 marzo 2011

Seminario di Foligno

Teano: Garibaldi s'inchina al Re sabaudo
Sintesi della Presentazione svolta da Maurizio Fratta a nome di Scuola Umbra

Nessun riferimento al tricolore nazionale e l'immagine di un' Italia che, una volta asciugatasi la macchia di caffè dalla quale sembra emergere nel candore della tovaglia, rimanga per sempre sporcata fino
alla sua dissoluzione.
Non vedo altra lettura possibile dell'immagine, proiettata sullo schermo alle mie spalle, che abbiamo voluto proporre per annunciarequesto secondo incontro di Scuola Umbra qui oggi a Foligno.
All' analisi economica che svolgerà lo storico Fabio Bettoni sul tema
della origine delle spinte centrifughe e su quello della genesi della
crisi dello stato-nazione italiano ed alla presumibile confutazione
della validità del processo di unificazione che vorrà sostenere Mario
Di Mauro,portavoce del Movimento indipendentista siciliano Terra e
Liberazione,io vorrei premettere una considerazione più generale.
Qualche giorno fa un altro storico,Alberto Maria Banti,dalle colonne
de il manifesto,prendendo lo spunto dalla esegesi dell' inno d' Italia
tenuta dal comico Roberto Benigni nel corso del Festival di
Sanremo,faceva rilevare il consenso unanime del ceto politico per
"l'apologia dei valori politici e morali proposti dall'inno".
Quali valori?
Ne' più ne'meno che quelli che ci vengono direttamente dalla
tradizione liberale e nazionalista ottocentesca e che vengono
riproposti oggi,in una fase di straordinario cambiamento
geopolitico,in una chiave di palese neo-nazionalismo.
Vale a dire l'idea di una patria che si forgia attraverso la
guerra,l'idea di una comunità basata sulla differenza tra noi che
siamo uniti e gli altri che sono gli stranieri,l'idea che l'identità
la si difende stabilendo la superiorità della nostra cultura sulle
culture degli altri,della ricchezza della nostra lingua rispetto alle
altre e così continuando.
Tutto questo,l'avrete notato anche voi,
con il consenso entusiasta dell'insieme del ceto politico a cominciare
dal presidente della Repubblica Napolitano.
Ora a me sembra che il recupero acritico dei valori del Risorgimento
-da utilizzare a piene mani ogni volta che le contorsioni rifondative
repubblicane ne richiedano la riproposizione-segni anche il punto più
alto dello scollamento tra cultura e politica.
Una politica svuotata ormai di qualsiasi carica ideale e ridotta a
pura macchina di potere ed una cultura che ha consumato fino in fondo
l'illusione di poter intervenire sulla realtà modificandola.
E' quello stesso scollamento
tra la "conformità" delle "opinioni"che non riescono a mutare i
"costumi"degli italiani di cui parlava Giacomo Leopardi nel suo
mirabile "Discorso sopra i costumi degli italiani"scritto
tra il 1824 ed 1827 e che venne stampato soltanto nel 1906.
Un punto dal quale partire non soltanto noi di scuola umbra,alla
ricerca di una nuova idea della filosofia della politica,
di un nuovo paradigma,di un linguaggio nuovo,ma anche tutti coloro
che in questi anni,avendo sotto gli occhi la crisi della capacita'
comunicativa della sinistra o per meglio dire dovendosi ormai
confrontare con il suo silenzio, si pongono il problema di una
riflessione radicale sulla natura di questa crisi.
Crisi e' che e' appunto crisi di comunicazione intesa come capacita'di
creare un senso comune ed un luogo comune per ritrovare identità e
coscienza:immagine e sostanza condivisa di una comunità alternativa.
Scriveva Friedrich Nietzsche in un aforisma di Umano troppo umano
intitolato "Risorgimento dello spirito":
"Quando un popolo e' politicamente malato di solito ringiovanisce se
stesso e ritrova alla fine lo spirito che aveva lentamente perduto per
riscoprire e conservare la sua potenza.
La civiltà deve le sue più alte conquiste proprio alle epoche di
debolezza politica".
Potrà essere così anche per noi?

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