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martedì 17 maggio 2011

(1) DIBATTITO SULLA NOSTRA BOZZA DI MANIFESTO

Princìpi di Materialismo 

di Giorgio Rosati 

Il 20 aprile scorso abbiamo pubblicato la bozza di manifesto di SCUOLA UMBRA, «La rivoluzione naturale. 19 ipotesi» proposto da Michele Fabiani. Il nostro collettivo ha iniziato a discuterle. Presentiamo di seguito il primo contributo critico.




1. Il Materialismo non è uno smodato attaccamento ai beni terreni, né l'ossessiva indulgenza ai piaceri carnali, e tantomeno una forma immorale di pensiero. Questo è casomai il senso calunnioso in cui lo deprecano la maggior parte dei filosofi e i preti. In prima battuta lo si potrebbe piuttosto definire come l'atteggiamento di chi sta con i piedi ben piantati sulla Terra, questo sì, ovvero come un senso di attaccamento a tutto quanto riguarda la Natura in genere. Se non altro perché è lì che affondano le nostre radici, è di lì che deriviamo, da lì che dipendiamo in tutto e per tutto, lì che torneremo tutti quanti siamo. Ma una visione materialista non si esaurisce evidentemente solo con la ferma adesione al fondamento naturale del mondo, compreso il prestare la dovuta attenzione alla sua tutela e il protestare contro la sua devastazione. Se è per questo infatti, come tale concezione è una forma di Naturalismo, così è altrettanto per una forma di Socialismo o anticapitalismo che dir si voglia, e anzi le due cose sono di per sé complementari. Per cui, verde e rosso di princìpio, il Materialismo si può ben definire fin da subito una visione a colori della realtà.

Nemmeno però si tratta di una semplice posizione politica di parte-partito, nel senso comune, istituzionale e giornalistico del termine. Infatti la sua adesione immediata e spontanea alla causa ambientalista e "comunista" poggia su qualcos'altro di più profondo ancora, essendo la conseguenza naturale di una premessa culturale ben precisa, ossia di una concezione filosofica nientemeno che del mondo intero. È quindi una forma di sapere ciò di cui alla fine si tratta, una ricerca e costruzione teorica che cerca di vedere e mostrare la realtà per quella che è; una cognizione sulla base della quale poi quelle applicazioni o prese di posizione pratiche a favore della Natura e dell'uomo derivano quasi a mo' di corollari. Più precisamente ancora questo orientamento di pensiero riguarda il metodo e gli oggetti della conoscenza che abbiamo del mondo, il tentativo dialettico di distinguere-unire tali oggetti conoscibili in una visione d'insieme, allo scopo di sortire un quadro sintetico che sia ordinato, coerente e significativo. In questo senso il Materialismo si fregia, non senza un certo orgoglio, della qualifica di un sapere storico e scientifico, perché è appunto sulla base materiale delle Scienze naturali e della Storia umana che esso, proprio metodicamente, cerca e trova la verità delle cose. Ovviamente nella misura in cui tutto ciò è possibile alle normali capacità umane, e nella consapevolezza di quanto la conoscenza sia relativa. Contro i pretesi saperi assoluti e definitivi i materialisti obiettano infatti che quanto si sa oggi, questo oggi è vero, sapendo che non è tutto, ma pure è molto e sempre più.




2. Da un punto di vista più filosofico ancora, infine, il Materialismo è un monismo (dal greco mónos, "solo", "unico"), consistente nella franca dichiarazione di princìpio e di fatto che il mondo è appunto uno. Può sembrare una banalità a prima vista, se non fosse che con ciò esso si contrappone al dualismo tipico dell'Idealismo filosofico, secondo cui si sostiene invece che i mondi sono due. Impostazione quest'ultima già esplicitamente manifesta fin dall'Antichità con Platone, il quale postula appunto la distinzione tra mondo naturale e "mondo ideale", la loro esistenza separata nonché i loro controversi rapporti. Un vizio di sostanza e di forma, quello idealista, che anche nelle innumerevoli versioni successive si basa sulla rigida contrapposizione tra questo presunto deprecabile mondo qui e un altro presunto auspicabile mondo chissà dove, che infatti a guardar bene non si trova se non dentro la testa dei filosofi. Un'operazione pseudoconoscitiva per cui, piuttosto che dedicarsi ad un serio studio del mondo reale, si limita a diffamarlo e passarci sopra a pie' pari, onde dedicarsi alla ben più agevole propaganda di mondi puramente immaginari.

Attenzione però anche a non confondere il monismo filosofico con il monoteismo religioso, perché pure in questo caso siamo agli antipodi. Infatti mentre il primo proclama l'unicità del mondo, l'altro invece, con la sua affermazione dell'unicità di Dio, introduce al contrario, ancora una volta e per forza di cose, proprio una dualità di mondi contrapposti ("Cielo" e Terra). Così si svela anzi la comune impostazione dualista sia dei filosofi idealisti che dei teologi spiritualisti, tutti quanti che ugualmente "giocano" a tenere insieme i loro due presunti mondi contrapposti, tra i quali costoro stanno sospesi come su un filo, a sostenere in equilibrio precario i loro stravaganti pensieri.




3. Ma, per quanto il mondo considerato in sé stesso sia indubbiamente uno, e non due, pure occorre riconoscere che tale sua unità non è rigidamente univoca, in quanto può a sua volta altresì dividersi per tre. E non si tratta di un gioco di parole, bensì di un accorgimento utile ai fini della conoscenza. Infatti è solo per noi che l'unicità del mondo può essere tripartita, giusto perché così ci è più comodo osservare e capire di cosa si sta parlando. Sicché a tale scopo, e a voler definire un po' meglio la cosa, può dirsi senz'altro che il mondo è un insieme di insiemi, al tempo stesso uno e trino. Attenzione di nuovo però, perché una concezione del genere, anche se a prima vista può sembrare, ancora una volta non c'entra un bel niente con quella cristiana, nonostante la convergenza per così dire linguistica che possa esserci. Infatti la filosofica unità-trinità mondana di cui si parla qui è un fatto da conoscere, un oggetto di sapere; laddove la teologica unità-trinità divina è invece un mistero da credere, un oggetto di fede. Insomma due prospettive completamente diverse, e anzi proprio opposte. Del resto è del tutto evidente come in una conoscenza storica e scientifica delle cose non ci sia spazio per alcunché di religioso, siano "rivelazioni" misteriche o imposizioni dogmatiche. Anzi, a precisare ancora meglio questo lato delicato si può aggiungere che il Materialismo non è solo senza, bensì anche contro Dio, e proprio nella misura in cui esso è per l'uomo. Di qui la sua avversione per la religione, i suoi apparati, i suoi uomini, con le loro mascherate, i loro riti, le loro formule, e tutta quanta la funesta influenza che simili menzogne esercitano ancora oggi a livello di massa.




4. Chiarito il punto e chiusa la scottante parentesi, vediamo di capire cosa si intende con la definizione materialista di unità-trinità mondana. Ebbene, proprio come i preti dicono dell'unico Dio che esso è "Padre, Figlio e Spirito Santo", così qui si dice dell'unico mondo che esso è al tempo stesso universale, naturale, e sociale. Tre mondi ben distinguibili ma, ancora una volta, solo per la conoscenza, e quindi non realmente divisibili, perché in concreto essi sono evidentemente inseparabili tra loro. Qui non è come per i due mondi dell'idealismo platonico o dello spiritualismo cristiano, concepiti come oggettivamente separati e contrapposti, bensì si tratta appunto di un insieme di insiemi, dove ogni cosa è al suo posto e tutto è ordinatamente collegato. Così osserviamo un mondo celestiale di Stelle nell'Universo, un mondo naturale della vita sulla Terra, e un mondo sociale degli uomini nella Storia. Tre mondi dunque, però in uno nel senso che il tutto segue una linea evolutiva logica e storica ben precisa, con ciascuna sfera che genera e contiene in sè quella successiva. Tre mondi che vanno man mano a restringersi su scala spaziale e temporale, nonché a complicarsi nella struttura funzionale. Sicché l'Universo, il mondo più antico, dunque il primo, nonché il più grande, genera e contiene in sé la Natura; la quale a sua volta fa da culla alla società civile, il mondo umano più recente e limitato, ma altresì più complesso di tutti.




5. Con ciò si ha la visione generale di ciò di cui si tratta. Il problema è che a voler entrare nei particolari si apre un immenso bàratro, intorno e dietro a noi. A colmare il quale entrano in gioco tutti i rami della conoscenza, anch'essi suscettibili di tripartizione sulla base dei tre mondi indicati, ciascuno dei quali è oggetto specifico di una particolare scienza: dall'Astronomia celeste alla Geologia e Biologia terrestre, fino alla diciamo così Sociologia umana. I quali saperi, a parte l'ultimo, presuppongono a loro volta le nozioni geometrico-matematiche e chimico-fisiche indispensabili allo studio dei corpi e alla comprensione dei loro fenomeni. Per cui quella del mondo e del suo svolgimento è una conoscenza decisamente enciclopedica, conseguire la quale richiede un lungo e laborioso impegno; ben altro insomma che semplici articoli di fede da mandare a memoria una volta per tutte fin da bambini. In effetti il sapere non è mai facile, e di certo non piove dal cielo, né esistono scorciatoie al suo perseguimento. Di sicuro però senza di esso non si può pretendere di avere cognizione di causa su alcunché di ciò che ci circonda. Se privato della verità del mondo anche ogni filosofare non può che essere fatalmente campato in aria, perché affrettare il passo della conoscenza farà anche comodo, ma non porta da nessuna parte.

Giusto per dare un'idea di cosa si sta parlando, e per indicare la traccia dell'immane percorso che ci precede, ecco in estrema sintesi la cronistoria del mondo, con la successione e gli anni di età di ciascuno dei suoi "oggetti" principali.

Universo: qiundici miliardi

Sistema solare: cinque miliardi




Vita unicellulare: tre miliardi e mezzo

Vita pluricellulare: settecento milioni

Vertebrati: cinquecento milioni

Mammiferi: duecento milioni

Primati: settanta milioni

Scimmie antropomorfe: venti milioni

Ominidi: cinque-sei milioni

Genere Homo: due-tre milioni




Specie umana attuale: trentacinquemila

Civiltà storica: diecimila



Il quadro è ovviamente schematico, nonché mancante dell'evoluzione della vita animale dai Molluschi ai Crostacei ai Pesci agli Anfibi e ai Rettili, prima della comparsa dei Mammiferi. Pure da esso emerge ugualmente tanto la tripartizione di cui si parla, quanto la linearità per così dire ramificata di un processo che conta ben più dei tradizionali "sei giorni" raccontati dal Genesi biblico. Qui si tratta invece della vera cosmo-geo-bio-antropogenesi, dove ogni momento particolare costituisce una delle tappe cruciali attraverso cui il mondo naturale e la vita sono progressivamente e congiuntamente evoluti. I numeri indicati possono anche cambiare con il succedersi delle nuove scoperte paleontologiche, ma l'impianto complessivo è ormai un dato acquisito e incontrovertibile, pienamente supportato dalla teoria darwiniana e dalla scienza genetica. Così è possibile mostrare il cosa, come e perché ciascuna fase del processo abbia significato un passo avanti del percorso evolutivo che ha portato fino a noi, ognuna delle quali rappresenta un capitolo specifico della Storia universale. A scendere nei dettagli della quale occorre però ovviamente ben più spazio di quello previsto nel presente contesto.




6. Tuttavia già dall'esame sommario condotto fin qui si evince come nella conoscenza stessa del mondo non abbiamo esperienza se non di corpi materiali. E non si tratta di un pregiudizio filosofico, poiché questo è proprio ciò che osserviamo semplicemente guardandoci attorno. Infatti non c'è bisogno di rifletterci tanto, perché basta vedere di che tipo sono gli oggetti con cui abbiamo a che fare: corpi minerali astronomici e corpi vegetali-animali terrestri. In più siamo circondati da tutte le cose manufatte dall'uomo, le cui materie prime derivano però quasi sempre dal mondo naturale. Si possono anche distinguere i per così dire corpi sociali, quali sono ad esempio gli Stati nazionali, o le Società azionarie, o gli Ordini professionali, o i Partiti politici e quant'altro, ma anche in questo caso si tratta sempre di "oggetti" prodotti dagli uomini.

Della numerosa varietà dei corpi materiali bisogna quindi osservare che tutti quanti alla fine si possono distinguere e classificare in due soli tipi o generi: da una parte quelli biologicamente inerti, privi di vita; e dall'altra i corpi viventi, naturali o "istituzionali" che siano. Così è chiaro come il criterio per discriminare i corpi esistenti sia quello tra tali due possibili modi materiali di essere, essendo che la loro differenza fondamentale risiede proprio nella qualità della materia di cui tutti quanti sono costituiti. Perché alla fine è la materia stessa ad essere o meno viva o morta. Infatti la prima delle due specie possibili di corpi riguarda quelli inanimati, fatti di materia inorganica, come possono essere un sasso, un'automobile, o una Stella lontana mille anni luce. Tali corpi, pur così diversi tra loro, sono però accomunati per il loro essere consistenti di atomi legati tra loro in molecole, cioè composti di una materia con proprietà esclusivamente chimico-fisiche. Laddove i corpi viventi, vegetali o animali che siano, sono fatti di materia organica, la quale, nonostante l'innumerevole varietà di esseri, è per tutti quanti costituita ugualmente di cellule, materia dotata per l'appunto delle molto più complesse qualità biologiche.



7. Oggi i due tipi possibili di corpi esistenti sono ben distinti e separati, ma ciò non toglie come in origine la materia cellulare sia derivata proprio da un'evoluzione chimica della materia atomica preesistente, resa possibile dalle irripetibili condizioni ambientali del Pianeta nelle prime fasi della sua formazione. In princìpio la Terra, costituita da residui della stessa sostanza del "padre" Sole e ad esso coeva, era un corpo molto caldo, una massa di magma incandescente e priva di atmosfera, impossibile ovviamente per una qualsiasi forma di vita. Per prima cosa il Pianeta ha dovuto raffreddarsi, il che ha comportato la solidificazione della crosta e la condensazione dei vapori. All’epoca l’aria era ancora irrespirabile, una cappa densa e oscura attraversata dai micidiali raggi solari, priva di Ossigeno, e costituita prevalentemente di gas che per noi oggi sarebbero letali. Eppure paradossalmente, cioè stranamente ma veramente, è proprio in tale situazione che la vita ha trovato il modo di attecchire, facendolo spontaneamente e comparendo nella sua forma più semplice e primitiva. Infatti quelle particolari condizioni hanno costituito una sorta di laboratorio all'aperto che ha favorito la formazione dei composti del Carbonio, molecole complesse come i Grassi, gli Zuccheri, le Proteine e gli Acidi nucleici, tutti quanti ingredienti o mattoni fondamentali della materia vivente. I quali, aggregatisi per simbiosi nelle acque calde, basse e stagnanti, hanno finito per dare luogo alle prime più elementari cellule vere e proprie, ancora arcaiche ma già con la loro inedita capacità di metabolizzare sostanze esterne e di riprodursi replicando le informazioni genetiche. Come si vede dallo schema di cui sopra gli invisibili organismi unicellulari, microalghe vegetali e batteri "animali", hanno dominato la scena del mondo della vita per quasi tre miliardi di anni, prima che con la comparsa dei pluricellulari prendesse piede la poderosa evoluzione biologica degli esseri viventi che avrebbe condotto fino a noi. E non senza che nel lungo frattempo si siano verificate quattro estinzioni di massa, insieme alla scomparsa di tutte le specie umanoidi e umane che hanno preceduto la nostra.

Nonostante questi siano solo dettagli che andrebbero ovviamente approfonditi, pure la conclusione è una chiara conferma dell'impostazione monista, per la quale non solo il mondo è uno, ma anche la sostanza di cui è fatto è una, ed è quella materiale. A dispetto di quanto abbia insistito Aristotele nel suo tentativo di dimostrare l'esistenza di una presunta "sostanza soprasensibile". Al tempo stesso in cui nel nostro caso si prefigura un dualismo, ma non tra materia e non materia, o tra materia e spirito, o tra materia e forma; bensì appunto tra materia organica dei corpi viventi e materia inorganica dei corpi inerti. La cui evidente differenziazione odierna non esclude affatto come in origine l'una sia potuta derivare dall'altra attraverso tutta una serie di complesse reazioni chimiche. Perché se oggi è impossibile che la vita nasca e proliferi dalla non vita, ciò si è invece verificato proprio allora, quando le condizioni del Pianeta erano ancora praticamente invivibili.




8. Il fatto che la Terra sia l'unico posto del Cosmo conosciuto dove la materia biologica si sia formata ed evoluta, rende evidente quanto su scala universale la vita sia stata un accidente eccezionale. Un po' quello stesso che poi sarà anche per l'uomo civilizzato nei confronti della Natura. Infatti emerge un paragone che si può fare per capire meglio la stretta e articolata connessione che lega tra loro i tre mondi di cui il Materialismo storico e scientifico va parlando. Si vede infatti come il nostro Pianeta non sia solo l'evidente termine medio tra l'Universo e la società umana, ma anche il loro compendio. Nel senso che, mentre come Terra esso è un corpo celeste qualsiasi tra gli infiniti altri, invece come Natura si rivela un esclusivo mondo di corpi viventi. E così è in certo modo anche per l'uomo che, al principio un essere naturale, animale tra gli altri, ha finito per costituire un mondo sociale a parte. Quindi come il mondo della vita ha segnato una frattura nell'intero Universo, così il mondo umano civilizzato ha fatto altrettanto nell'intero mondo naturale.

Si badi poi che quella minerale è una morta materia, sì, ma nondimeno piena di energia; non a caso i corpi celesti e lo stesso centro della Terra sono fuochi ardenti. Anzi, se è per questo oggigiorno siamo tenuti a parlare non più di materia ed energia, bensì di materia-energia dell'Universo, per dire appunto che si tratta di una sola realtà, la quale non si crea né distrugge, ma solo si trasforma da una forma all'altra. È quantomeno singolare il fatto che l'eternità, infinità e onnipotenza della materia-energia universale di cui attesta la Scienza, abbia soppiantato proprio quegli stessi attributi che la tradizione religiosa aveva assegnato a Dio. Non solo, ma può senz'altro dirsi senza tema di smentita come tale sostanza universale sia la vera "madre" di tutte le cose che sono, proprio come i fedeli hanno invece sempre creduto che fosse di "Dio padre"! La materia-energia è una "madr'eterna", con la sola differenza rispetto al Dio che essa non è dotata anche di intelletto e volontà, né tantomeno di sentimenti amorosi! Su questo ed altro il Materialismo può così ben dire come non sia qualcuno che ha creato e fa essere il mondo, ma casomai qualcosa!




9. Quest'ultimo dettaglio si presta anche al chiarimento dei controversi rapporti della materia con lo spirito. Ebbene al contrario della religione, che a tale proposito predica di uno "spirito divino" esistente nientemeno prima del mondo, qui si sostiene invece la sola realtà dello spirito umano, comparso peraltro da ultimo sulla scena della Storia universale. Qualcosa che è di per sé immateriale, sì, ma non certo nel modo assoluto in cui i preti intendono ciò che solitamente chiamano "anima". Piuttosto lo spirito di cui parlano i materialisti è la mente degli uomini, il loro pensiero, la cui metafisicità non toglie un bel nulla al fatto che simile realtà abbia origine e sede nella fisicità del cervello, esattamente come la digestione ce l’ha nello stomaco. Sicché la mente pensante degli uomini, compresi i loro sentimenti ed emozioni, è evidentemente qualcosa di inseparabile dal corpo, che nasce e perisce con esso. I filosofi antichi che hanno inventato l'immortalità dell'anima non sapevano che l'attività mentale avesse la sua base nella rete neuronale della materia cerebrale. Quindi per loro era naturale che la materialità del corpo e l'immaterialità del pensiero, presentando caratteristiche così opposte, non potessero assolutamente avere un fondamento corporeo comune. Da qui, salvo poche rare eccezioni, il radicale dualismo sorto già allora, tra il corpo carnale e l'anima spirituale. Poi il Cristianesimo ha approfondito l'equivoco con il noto esordio del Vangelo di Giovanni, secondo il quale «In principio era il Verbo, e (...) Il Verbo si fece carne». Appunto a voler dire che prima di tutto esisteva la "Parola" di Dio, che in seguito si sarebbe incarnata nella figura di Gesù. Laddove è invece evidente proprio il contrario, ossia che prima furono i corpi degli uomini e solo poi i loro pensieri e parole.

In conclusione, che il Materialismo neghi risolutamente la presunta esistenza di uno "Spirito Santo" di Dio, non significa affatto che faccia altrettanto con lo spirito pensante degli uomini, inteso appunto come la loro specifica attività mentale e sentimentale. La quale ultima è essa sì veramente creatrice. Il Materialismo anzi valorizza nel modo più opportuno le capacità del pensiero umano, ritenendo che i veri esercizi spirituali, se proprio si vuole usare quest'abusata espressione, sono quelli consistenti in qualsiasi forma di creatività. Com'è l’arte ad esempio, ma ovviamente anche lo studio e il sapere, nonché il lavoro stesso se concepito nel suo significato autentico. Laddove la preghiera, se è per questo, si ritiene che sia invece più che altro qualcosa per i poveri di spirito! In questo senso secondo i materialisti la spiritualità è la dimensione suprema, quella propriamente culturale e sociale degli uomini, la quale come tale comprende quanto di meglio e di grande la nostra specie ha saputo realizzare nel corso del tempo. Niente di meno, e non è certo poco, ma anche niente di più.

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